Recensioni

Arbitri elegantiae, ode ad Epicuro

Negli anni, di ricevere brani ispirati al pensiero di un filosofo, fatico a ricordarne. Scritto, personaggi storici, pittori, attori. Ma filosofi, no. Fino a questo momento grazie ai Arbitri Elegantiae. Il pensiero preso in esame è quello del pensatore Epicuro. Nel testo la sua tesi che per vivere bene, l’uomo avrebbe bisogno di poco, cibo ed un rifugio riparato per dormire, viene adattato ai nostri tempi. Si parla di code guidate quando si fa la spesa che ci dicono di comprare per forza.

Di schermi che ci rubano il tempo. Dell’essere umano. E i nostri lo fanno con piglio leggero e cantabile. Nulla di arzigogolato. Anzi, tutto orecchiabile. Un’atmosfera che ben si adatta al testo. In una manciata di minuti viene snocciolata l’essenza della tesi del filosofo. La produzione rende ben merito agli arrangiamenti, praticamente acustici. I nostri non sono nuovi a testi di denuncia del malessere sociale. Anche precedenti singoli sono andati in questa direzione. Così come stilisticamente.

Non urlano mai, pur dicendo cose pesanti. Il lato acustico domina con tanto di fiati e spirito messicaneggiante. Se li volessimo inquadrare potremmo dire che gli Arbitri Elegantiae sono la giusta evoluzione di quello è stato il filone indipendente degli anni ’90. Bandabardò, Gang, Modena city ramblers, giusto per citare qualche nome. Meno ritmati ma altrettanto intensi.

Da ascoltare.

Come sempre un brano non dà elementi per un punto di vista oggettivo ed esauriente. Quello che si può fare è prendere atto della buona strada intrapresa dai nostri e aspettare di ascoltare l’intero disco.

Carmine Rubicco (tempi-dispari.it), 16/01/2023

TERRAGOBBA, piccola genesi di una leggenda

Qualche anno fa una chiacchierata con Lorenzo Franceschini, cantautore, poeta e insegnante, in vista di un’ imminente “Camminata dei racconti” a Corinaldo, in occasione del cinquecentenario dell’assedio. In quell’occasione mi venne in mente di raccontargli qualche aneddoto su Giovanni Mancinelli, detto Terragobba, che lessi qualche anno prima in un libro di memorie del giornalista Vinnico Bracci.

Nelle storie raccontate dagli anziani contadini a volte compaiono persone un po’ originali, vagamente eccentriche, che alludono ad una visione del mondo assai ricca. Di quel personaggio ricordavo l’ambiguità del soprannome, nato da un suo motto: “Fatiga cuntadìn, che la terra gobba!” Alludeva forse alla terra che è gobba, nel senso di collinare? O, come piace a me, che la terra ingobbisce chi ci lavora? Di lui si sa che viveva un po’ fuori dagli schemi; le invettive che in osteria indirizzava a Mussolini gli costavano, di tanto in tanto, qualche giorno di galera: “almeno lì qualcosa si mangia”. Lui era dentro quella società dedita al lavoro, dove la “fatiga” era la nota dominante, ma lui osservava il tutto dal suo peculiare punto di vista di viandante, irridendo benevolmente quelle figure la cui schiena era incurvata dalla terra, le cui bocche sfamava a prezzo di tanta fatica, ma poi… per cosa? Il padrone viveva in una villa e andava in giro con la camicia bianca e fresca, mentre il sole asciugava il sudore sulla schiena ingobbita dei contadini intenti a zappare…

Qualche giorno dopo il nostro incontro, all’avvio della camminata di gruppo che partiva dalla Scalinata, Lorenzo mi fa: “Sai che ho composto una canzone su Terragobba? E’ ancora un po’ grezza, ci devo lavorare ancora, ma se vuoi ne canto una strofa!” Fu la svolta perché, proprio nell’istante in cui parte l’accordo e poi le parole: “In questi campi che finiscono nel blu...” ecco, in quell’esatto momento, la vicenda di Terragobba diventa leggenda. E di conseguenza immortale. Di lui si continua a parlare e la sua storia cammina con le sue gambe, come quando andava di collina in collina a raccontare storie per farsi offrire un bicchiere di vino. E la memoria storica si interseca con la fantasia attraverso il prezioso lavoro dell’immaginazione. Quale immagine corrisponde al vero Terragobba? Io non ho la risposta. Ma a questo punto è poco importante: Lorenzo Franceschini insieme al suo gruppo Arbitri Elegantiae, composto da Giovanni Frulla, Gabriele Ciceroni, Silvia Falcinelli, Federico Messersì, Marco Giulianelli, Eugenio Gregorini, ha aperto un nuovo sentiero per questa figura, con la sua canzone che viaggia su Spotify e che rimemora quel viandante che, si sedeva sotto il moro negli afosi pomeriggi a raccontare ai presenti di avere cosparso la strada di sale poiché la gente è “sciapa”.

E’ possibile ascoltarla al link: https://arbitrielegantiae.fanlink.to/ArbitriElegantiae_terragobba_singolo?fbclid=IwAR32gN6JMsQrOJRfqlqddWJuzmsbr_gEG3WbEPDtDYlBWcczjpJH1g7XXJg

Successivamente ho saputo che esiste una associazione che porta il suo nome. E probabilmente custodiranno un’altra immagine mentale di lui, con altre storie. E un’altra ancora scaturirà dal video della canzone, con la regia Lorenzo Cicconi Massi, in uscita il primo settembre, girato nei campi di Corinaldo, che sono quasi tutti in collina, perché la terra è gobba.

Massimo Bellucci (Vivere Senigallia), 16/08/2021

Loris Böhm (Lineatrad), 01/12/2016, 01/12/2016

Aus Deutschland kommend lebe ich inzwischen seit mehr als 12 Jahren hier in Italien. Ich habe seither eine ganze Menge dazugelernt, was die Geschichte, das tägliche Leben oder die Kultur meiner neuen Heimat betrifft. Apropos Kultur: eine der überraschendsten Erfahrungen war, wie viele und wie bemerkenswerte Liedermacher Italien hat. Ich kannte vorher nur eine Handvoll, und auch das schon mehr als wahrscheinlich "normale" Deutsche.

Und nun erfahre ich von einem weiteren ganz jungen Liedermacher: Lorenzo. Und ich höre seine CD, die er zusammen mit seiner Gruppe von Musikern aufgenommen hat. Und ich staune erneut: hier wächst ein Cantautore heran, der sich vermutlich einmal in die Reihe seiner bekannten großen Vorgänger texten, musizieren und singen wird. Und ich denke und schreibe es hier: Glückwunsch! Mit der Hoffnung, dass Lorenzo diesen Weg weiter gehen wird.

Frank Ekkes (cantautore tedesco), 29/10/2016

Complimenti, per l'impegno, per la serietà, per l'eleganza e la raffinatezza della proposta musicale,  Canto da un pezzo di storia, che non è facile riscontrare in gruppi giovani come il vostro. Il tutto suonato ed armonizzato con molta bravura ed eleganza da veri "Arbitri Elegantiae"

E ancora complimenti per l'accuratezza e la creazione dei vari brani, interpretati e resi nel migliore dei modi dall'interprete (anche se ancora si sente nel suo cantare l'influenza… “benefica” del grande De André).

Complimenti a tutti e quattro i componenti del gruppo: quattro musicisti con i fiocchi!  Se avete reso così bene nel "freddo" di una registrazione in studio, penso cosa possiate rendere dal vivo!

Un disco che si ascolta con grande piacere.

In un momento dove tutti si sentono in dovere di incidere, di fare cd alla meglio, approssimativi e decisamente scadenti, onore ad un giovane gruppo che oltre ad incidere bene un cd, lo correda di un libretto, accurato, con una bella grafica, prezioso, indispensabile.

Un lavoro che merita veramente tutto il nostro rispetto ed il nostro plauso.

Gastone Pietrucci (La Macina), 03/10/2016

Venerdì 12 febbraio nei locali del Centro sociale Adriatico, con la collaborazione della Biblioteca “Luca Orciari”, si è svolta una piacevole e bella manifestazione musicale, grazie alla presentazione del nuovo disco degli “Arbitri Elegantiae”, “Canto di un pezzo di storia”.

Il nome “Arbitri Elegantiae” tradotto dal latino significa “arbitri dell’eleganza” e deriva dal soprannome dato a Petronio, antico scrittore romano, autore del famoso “Satyricon”. Per la band senigalliese il significato si amplia fino a comprendere tutti noi, arbitri dell’eleganza del nostro tempo, responsabili della bellezza del mondo. L’iniziativa è stata presentata dal dott. Donato Mori, il quale ha sottolineato mirabilmente il valore artistico dei brani.

Sul palcoscenico si sono esibiti i componenti del complesso musicale, Lorenzo Franceschini (autore dei testi), Federico Messersì, Gabriele Ciceroni e Giovanni Frulla, accompagnati dalla cantante Silvia Falcinelli, dal tastierista Marco Giulianelli e dal percussionista Eugenio Gregorini, da diverso tempo loro stretti collaboratori. La veste grafica del disco è stata creata dal pennello dell’artista pesarese Paolo Savelli e dagli scatti fotografici del senigalliese Gianluca Rossetti, mentre la registrazione è stata effettuata da Giovanni Imparato. I brani contengono un significato poetico degno di riflessione e di approfondimento, che si presta a diversi spunti interpretativi.

Una poesia capace di comprendere un paesaggio variegato, con interiori risonanze, nostalgie e malinconie, delicati sentimenti. La natura è attraversata dalle stagioni della vita, talvolta inquieta e travagliata, ma sostenuta da un filo sottile di speranza di contro al male del nostro tempo storico, la rassegnazione. E noi ci ricordiamo della nostra dignità, che non può non rinascere. I versi spaziano su molteplici motivi. Da un canto d’amore e di bellezza (“Canterò”), con “ragazze più belle, più dolci…profumo d’inverno…feste d’estate…baci,carezze…” si passa allo smarrimento esistenziale, che trova un punto di approdo nella terra, prima calpestata e poi capace di mostrare paesaggi in cui riconoscersi (“Quando il cielo”). Non manca l’amore “distratto” dell’uomo, quale possesso della ragazza, “Sarai mia!”, perché “c’è nebbia nell’aldiquà” (“Laila”). Ritorna l’inquietudine legata al nulla, stemperata dal senso del futuro, di un progetto, di una meta.

Sempre “c’è una spiaggia per dormire, per amare o per soffrire” (“Per allegoria”). E poi mai dimenticarsi dell’ultima fermata in “Lei”, la morte, invano rimossa dalla cultura contemporanea. Credenti di diverse religioni discutono sull’aldilà, riempiendolo di idee conformi al proprio credo, mentre l’ateo sostiene la fine del tutto, quando “Lei” chiamerà. Ma “Lei”, che nella penombra aveva ascoltato la loro discussione, dopo averli fissati in volto, li invita a seguirli, “ venite con me vi mostrerò la verità”. Sono versi molto suggestivi, simili alle ballate medioevali, evocativi del senso del mistero, di una verità che non si può dire, ma per questo non meno presente, non meno reale, che richiede serenità e fermezza. La forza interiore ispira tutta la poesia dei nostri arbitri senigalliesi, arbitri del saper vivere sempre con dignità e coraggio.

Giulio Moraca (Vivere Senigallia), 04/03/2016

La voce misena, 04/02/2016

Gli Arbitri Elegantiae pescano a piene mani dalla tradizione cantautorale italiana degli anni '60-'70, proponendo un disco di cantautorato folk farcito da note vagamente esotiche (“Figli d’un pensiero che non c’e?”). La composizione musicale - dominata da una chitarra a volte morbida altre piu? grezza - funge da supporto suggestivo per i testi, ad eccezione di qualche momento in cui le viene concessa una presenza maggiore, come accade nella conclusione musicale di “Stanotte vegliate”; la scrittura docile e sottile da? vita a storie di uomini, epicamente immobilizzati in un tempo e uno spazio sconosciuti, come insegnano i grandi della canzone italiana d’autore (De Andre?  e Guccini, su tutti).

“Canto da un pezzo di storia” garantisce un ascolto piacevole, collocandosi all’interno di una tradizione musicale ormai ben consolidata.

Alessia Conti (Rockit.it), 22/01/2016

La storia dei nostri luoghi con gli Arbitri Elegantiae

Un giovane cantante, compositore e chitarrista che ha studiato il Rinascimento italiano, in cui è stata concepita una nuova forma di bellezza e dove l’uomo si è nuovamente sentito parte di quel grande organismo vivente che è la natura; un fisarmonicista che è andato in montagna ad incontrare i vecchi pastori, tornando con ricordi che hanno il profumo del formaggio appena tagliato e con una zampogna in spalla; un trombettista che conosce la cultura ebraica, con l’umorismo che la contraddistingue, un bassista che scatta foto e va in bici, una giovane biologa con la voce di cristallo che sa raccontare la scienza come fosse una bella favola vera, un disegnatore dalla matita delicata e decisa.

Sono Lorenzo Franceschini, Gabriele Ciceroni, Giovanni Frulla, Federico Messersì, che formano gli Arbitri Elegantiae, ai cui spettacoli collabora Silvia Falcinelli con disegni di Paolo Savelli. Accompagnano gli Arbitri anche due valenti musici, Marco Giulianelli alle tastiere ed Eugenio Gregorini a cajon flamenco e percussioni. L'appuntamento col loro spettacolo intitolato “La storia del postino che cercherò Babbo Natale” è domenica 13 dicembre alle ore 17.30 presso l’Auditorium San Rocco a Senigallia.

Walter Benjamin affermava che oggi si comunicano informazioni e non si raccontano più storie. Quasi più. Ma il bisogno di raccontarle resta, così come quello di ascoltarle. E il racconto degli Arbitri, racchiuso in un recente album, parte proprio dalla consapevolezza che questo filo che legava le diverse generazioni si è spezzato: “Canto da un pezzo di storia che non racconterò ai nipoti per farli sognare”. Riannodare questi fili è una bella sfida: musica, letture, racconti, immagini: tanti elementi compongono una narrazione fatta di situazioni quotidiane dove è piacevole scoprire uno sprazzo di sorprendente tepore. Vita di paese, vicende di piccole cittadine di provincia dove nei bar si consumano pomeriggi tra “baci, carezze, ozio e risate”.

Riflessioni spirituali volteggiano tra i versi: temi teologici appena sfiorati, in modo volutamente colloquiale, ma che alludono a ad una dimensione importante della vita che stiamo dimenticando; il sacro era parte integrante della vita quotidiana fino a non molto tempo fa. Oggi forse il rumore del traffico delle grandi città forse ci impedisce di sentire se Dio ci parla. Ma nelle piccole realtà forse è più semplice tendere l’orecchio, anche se non comprendiamo le Sue parole.

E se “la terra non conosce più il tuo passo” è perché abbiamo smesso di camminare, di muoverci lentamente ascoltando il suono che fanno i nostri piedi, il peso del corpo sul morbido tappeto di foglie secche e dorate appena cadute, quella piacevole nota ritmata, che sembra venire da lontano, eppure è proprio lì vicino che aspetta di essere ascoltata, che aspetta di essere letta come le vecchie lettere che i bambini mandavano a Babbo Natale e che gli Arbitri Elegantiae hanno pazientemente raccolto muovendosi sul crinale dove realtà e immaginazione si sfiorano: un bel dono al nostro territorio pieno di storie ancora da raccontare.

Massimo Bellucci (Vivere Senigallia) , 14/12/2015

Valerio Cuccaroni (Resto del Carlino), 25/11/2015

Giampaolo Milzi (L'Urlo), 20/11/2015

L'album Canto da un pezzo di storia degli Arbitri elegantiae si inserisce nella grande tradizione della canzone italiana d'autore (da Guccini a De André, per limitarci a due nomi tra quelli più significativi evocati dall'ascolto). Elementi salienti di questo lavoro appaiono lo stretto legame tra musica e parole (un legame non casuale né occasionale, bensì fondato sulla notevole qualità dei testi, accanto a quella della musica) e, sul piano tematico, la centralità del rapporto tra presente e passato e del senso di appartenenza a una comunità, motivi particolarmente apprezzabili in un tempo, come il nostro, di preoccupante mancanza di memoria e di esasperato individualismo.

Roberto Carnero (critico letterario de Il Sole 24 Ore), 26/10/2015

Andreina De Tomassi, 04/08/2015

Fronte del palco, 01/01/2013